...le persone della mia età a proposito della gioventù d’oggi mi prende un sentimento di amarezza e di tristezza per come si fa presto a generalizzare.
I ragazzi e le ragazze vengono descritti come scansafatiche, ignoranti, volgari, irriverenti, dediti solo all’alcol, alle canne e ai social.
Questa opinione passa ai più come una verità che vale per tutti i giovani italiani; ma non è così, in giro per il mondo mi capita spesso di incontrare ragazzi e ragazze che si sono allontanati temporaneamente dalle loro famiglie per andare all’estero e costruire il proprio avvenire, imparando le lingue, confrontandosi con coetanei, facendo esperienze che gli aprono la mente ed insegnano loro a pensare in modo diverso, in modo divergente, ad ampio raggio.
Sono consapevoli che il mondo contemporaneo non è come quello dei loro genitori, questa consapevolezza gli permette di sfruttare a loro vantaggio questa nuova realtà, se devono mandare un curriculum, usano Linkedin, chattano in Facebook con amici conosciuti che abitano in altre parti del mondo, confrontandosi per capire che le abitudini degli altri sono un arricchimento anche per loro.
Nei giorni scorsi ho conosciuto in un hotel di Phnom Penh due ragazze di Padova, sui vent’anni anni, insieme ad un gruppo di coetanee di altre nazioni, mi sono accorto che erano Italiane da uno scambio di battute tra loro, viceversa comunicavano con le loro amiche in un inglese molto buono..
Ci siamo presentati e dalle poche frasi che abbiamo scambiato ho intuito che a vent’anni avevano già capito quale era la sfida che il mondo gli avrebbe messo loro di fronte.
Quando mio figlio di sei anni è intervenuto nel colloquio una di loro le ha detto: “Pensa quanto sei fortunato a seguire i tuoi genitori e a scoprire il mondo già da piccolo, un vantaggio che capirai crescendo”.
Questa è la realtà dei giovani che si trovano in giro, ed è la mia realtà, quando penso ai giovani, penso a questi esempi.
Se mi guardo in giro in Italia la maggioranza degli adolescenti che incontro rispecchia coloro che accettano passivamente di perdere tempo senza apportare nessun beneficio al loro futuro, se non mettono fuori il naso dalla loro piccola realtà come fanno a rendersi conto di come sta andando il mondo?
Non sono consapevoli che stanno letteralmente bruciando gli anni più fecondi in cui un individuo esprime le migliori potenzialità e creatività.
Si può parlare di generazione perduta, ma non tutti i componenti della loro generazione, una parte: entra in gioco l’individualità.
L’individualità è potente ed importante nei momenti di crisi come stiamo vivendo, un’epoca in cui le strutture che tengono legati gli individui sono in crisi: le religioni, i partiti, i sindacati, le associazioni, gli ordini professionali, gli stati, ecc.
La società del Noi, quella in cui non era importante esprimere una opinione, bastava condividere opinioni già manifestate ed omologate.
Ora non è più così, sta crescendo la società dell’Io, dove le soluzioni proposte dalla società del noi sono sempre più inadeguate, non vanno più nella direzione degli interessi del singolo (se mai ci sono andate).
In questa società vi sono persone che capiscono e che si distanziano dalle soluzioni proposte, cercando di imparare e fare esperienza, per poter decidere autonomamente ciò che è nel loro interesse.
Diceva Leonardo da Vinci che “non si può amare o detestare qualcosa se prima non si ha una profonda conoscenza di quella cosa”.
Questi ragazzi e ragazze hanno intuito la loro verità e si stanno attrezzando per quello, mettono le scarpe da tennis per poter correre. La loro, non sarà una vita di sacrifici solo perché nel presente si impegnano a fare qualche lavoretto da integrare durante gli studi, o passare qualche serata lontano dagli amici per seguire una conferenza su una materia di loro interesse o partecipare a un corso professionalizzante.
Quando in futuro raccoglieranno i frutti dei loro attuali sacrifici, i loro coetanei saranno lì a lamentarsi che non c’è lavoro, che la crisi gli impedisce ogni cosa, gli immigrati, il terrorismo, troveranno sempre una magra consolazione in un nemico illusorio creato ad arte per poter manipolare le persone e mantenere il potere di pochi.
Non consola molto trovare sempre e comunque una causa esterna alla propria condizione di inadeguatezza e frustrazione, autoassolversi al massimo suscita la commiserazione di famigliari e conoscenti, ma non aiuta certamente a migliorare la propria autostima, la quale ha bisogno di azioni e fatti concreti per alimentarsi.
Tra il dire e il fare c’è di mezzo il “fare”.
Paolo Genovesi
Insegnante I.P.S.I.A. L. da Vinci Mantova