“Se apriamo le mani, possiamo ricevere ogni cosa. Se siamo vuoti possiamo contenere l'universo”.
Buddha
“Tu sei cieco e io sono sordo e muto: se la tua mano tocca la mia ci capiremo”.
Khalil Gibran
Nella mia professione l'atto di toccare ha una grande importanza visto che pratico una medicina manuale (osteopatia) che ha come principale mezzo di diagnosi e cura il tocco delle mani. Toccare un’altra persona significa superare quello che nella prossemica viene definito lo spazio intimo, cioè lo spazio che di solito è riservato alle persone che conosciamo meglio, ai famigliari, ai figli o al partner. Visto che di solito le persone che curo mi sono sconosciute fino a quando vengono per la prima volta in studio si può ben capire quale sia la prima difficoltà da affrontare per me e per loro nel rapporto di cura.
Oltre a svolgere un'attività di cura faccio anche formazione agli operatori Oss sulle tecniche di movimentazione manuale dei pazienti.
Proprio in occasione di questa attività ho avuto modo di riflettere su quanto sia complesso il lavoro di movimentazione svolto da infermieri, Oss e fisioterapisti, sotto il profilo del contatto. Le manovre si devono svolgere con una indispensabile vicinanza con il corpo delle persone che si stanno assistendo, per salvaguardare da carichi eccessivi il corpo degli operatori. Questo contatto così ravvicinato è molto difficile sia per il curante che per la persona curata soprattutto quando non c'è familiarità tra loro.
Il tocco è un codice universale di comunicazione ma subisce l’influenza del contesto culturale e quindi nella nostra società che ormai è multi-culturale le cose possono diventare ancora più complicate.
Il punto più sicuro per toccare una persona che non si conosce senza scatenare reazioni negative è la parte superiore del braccio; però non è così per tutte le persone, esiste una percentuale significativa di individui che non ama essere toccato.
Il tocco e la reazione ad esso fanno parte di una forma molto primitiva di comunicazione non verbale. Il tatto è il senso più sviluppato alla nascita, attraverso di esso il neonato sviluppa il pensiero, il cervello, i legami interpersonali e attraverso la presenza e l'assenza di contatto sviluppa il senso del tempo, dello spazio e la capacità di comunicare.
Il tatto ci accompagna fino alla fine della nostra vita, è infatti l'ultimo senso che viene perso quando si invecchia, mentre la vista, l'udito, il gusto e l'olfatto si riducono sensibilmente.
É verosimile pensare che anche una persona che ha gravi deficit cognitivi sia in grado di comprendere la comunicazione non verbale e soprattutto quella trasmessa attraverso il tocco. Ad ulteriore dimostrazione dell'importanza del tocco: le persone anziane che si sottopongono a un massaggio a settimana con regolarità mantengono un migliore stato di salute anche dopo che il ciclo di massaggi si è interrotto.
Siamo in grado di distinguere in modo abbastanza netto i sentimenti trasmessi attraverso il tocco: rabbia, paura, amore, disgusto o simpatia. Il contatto con un’altra persona in qualche modo mette a nudo aspetti del nostro vissuto di quel momento che a parole non esprimiamo.
Non è necessario che vi siano connotazioni sessuali o emozionali per comunicare attraverso il tocco. Il toccare e lasciarsi toccare è un momento così importante ma che così tanto spesso nella vita quotidiana trascuriamo, soprattutto nel mondo odierno dove il restare in contatto molto spesso prevede solo un tipo di contatto virtuale.
Non ci dobbiamo dimenticare di questo nostro senso così fondamentale per il nostro sviluppo come esseri umani, perciò ben venga il ritrovarsi a faccia a faccia con gli amici e i familiari, le strette di mano, gli abbracci, le carezze.
Non teniamoci solo in contatto ma tocchiamoci, per soddisfare quello che per il nostro essere umani è una necessità importante!
Silvia Rolando Perino (Fisioterapista – Osteopata – Riflessologa plantare)